venerdì 10 luglio 2009

Intervista ad Andrea Varga: le Risorse Umane in Ungheria raccontate da una esperta di HR

Da Economia.hu - In Ungheria la media delle donne occupate supera quella europea, in parte a causa della crescente importanza del settore terziario e dei servizi, che offrono più lavoro al gentil sesso. Un altro elemento a favore della presenza femminile sul mercato del lavoro dell'Ungheria è l'importanza dell'istruzione, un altro campo in cui le donne sono molto richieste.

Andrea Varga si occupa di risorse umane per una società di consulenza aziendale ungherese e ci racconta lo stato delle donne nel mondo del lavoro del suo paese.

Cominciamo dai salari. Si avverte una differenza di sessi nella retribuzione?
Sì. Di solito per le donne gli stipendi sono più bassi almeno del 10 o 20%. Le eccezioni, per fortuna, sono comunque molte.

Ci sono più difficoltà anche nel trovare lavoro?
Una donna trova più difficilmente lavoro, in qualsiasi condizione. Se poi è sposata e ha figli incontra ancora più ostacoli. Una delle fasce d'età più penalizzate è quella delle giovani intorno ai 30, perché il "rischio" che decidano di avere figli è alto e assumerle non conviene. Ma le più svantaggiate sono le donne sopra ai 40 anni. Per loro trovare un posto è quasi un miracolo, anche perché i giovani costano molto meno ad un datore di lavoro.

Possiamo trovare donne manager in Ungheria? Quanto guadagnano?
Ci sono donne manager come responsabili delle HR, nel settore legale, finanziario, controlling. Non sono molte, o almeno non ancora. Il loro stipendio varia tra gli 800.000 e 1.500.000 HUF.

Pensa che la crisi economica abbia inciso in modo particolare sull'occupazione femminile?
Credo che ci sia stato un calo nel numero delle donne che lavorano. La crisi ha portato ad un aumento della disoccupazione in generale, ma per noi donne ha conseguenze anche peggiori nel momento in cui i suoi effetti incontrano elementi in qualche modo di svantaggio come i periodi di maternità. Tante dipendenti che si trovano in permesso per maternità in questi mesi non riescono a tornare ad occupare la stessa posizione di prima. Talvolta vengono addirittura licenziate dopo il numero di mesi minimo previsto dalla legge.

martedì 7 luglio 2009

Giacomo Moscato: attore, regista, scrittore. E di lavoro fa il professore


Nome:
Giacomo
Cognome
: Moscato

Nato a: Siena
Età: 36
Professione:Professore
Laurea: Lettere Moderne, Università di Siena
Diploma: Commerciale
Sito: www.ridipagliaccio.it


Giacomo Moscato,
direttore artistico del Festival estivo Grosseto Ridens, ci concede il suo tempo in un momento impegnativo, il pomeriggio prima della messa in scena di "Sogno di una notte di mezza estate", di cui è regista, attore e perfino autore, avendo lui stesso preparato una traduzione del testo di Shakespeare, tutta in rima. Da Giacomo Moscato, nato a Siena ma cresciuto a Grosseto, imparo subito che per vivere bene occorre saper miscelare egoismo e altruismo. Mentre Giacomo si impegna nel suo lavoro, infatti, non si nega a nessuno. Accoglie gli amici che arrivano ore prima dello spettacolo preoccupati di non trovare biglietti, rimedia ad un piccolo cedimento della sceneggiatura, prova le musiche e risponde alle mie domande, con calma e attenzione. Siamo al Cassero Senese di Grosseto, una bella fortezza sulle mura medicee.

Ogni buona storia ha il suo inizio. In che modo il teatro entra nella vita di Giacomo Moscato?

Diciotto anni fa ero uno studente poco soddisfatto dalla sua città. Facevo il commerciale, ero bravo in matematica e me la cavavo con l'italiano, ma senza eccellere. L' incontro con la Professoressa Nunes, direttrice dall'associazione Dante, mi ha portato alla scoperta del teatro.

Cosa pensavi di fare da grande, prima di diplomarti?

Il regista cinematografico. Ero un vero appassionato di cinema, guardavo tutti i grandi classici e scrivevo molte storie, racconti e poesie. La professoressa Nunes, tuttavia, mi ha chiesto di dirigere la sessione giovani della Dante e ho cominciato a raccogliere adesioni per un corso di teatro, che sarebbe stato tenuto da Elisa Roggiolani. Raccolsi 25 adesioni, un numero sorprendente. Soddisfatto del mio lavoro diffusi la notizia del bel risultato. Il giorno dell'inizio del corso si presentarono appena quattro persone. Al suo arrivo la Roggiolani mi chiese: "Ci sono solo quattro studenti?", "No, cinque!" risposi, decidendo in quell'istante di studiare recitazione, solo per avere un'adesione in più. Da allora non ho mai smesso. Dopo il diploma mi sono iscritto a Lettere a Siena, dove ho fondato il Centro Universitario Teatrale. Nel 1994 è nata Ridi Pagliaccio, la nostra compagnia teatrale.

Il nucleo iniziale era di 6 attori, ma è cresciuto, con l'aggiunta di attori e attrici grossetani che hanno regalato tanti bei momenti a questa città.
Mentre ricordiamo insieme una delle commedie portate in scena dalla Ridi Pagliaccio, Harvey, che racconta di un coniglio immaginario gigante, arriva un signore sorridente, che chiama Giacomo per farsi aiutare con dell'attrezzatura. "Torno subito!" si scusa Giacomo e io mi volto a guardare il Cassero, splendida cornice di tanti spettacoli e mostre degli ultimi anni, luogo prediletto dai giovani grossetani anche solo per passare il pomeriggio a giocare con gli amici.
Quando Giacomo torna a farsi intervistare non ho dubbi sulla domanda successiva.

Hai mai pensato di lasciare Grosseto, magari per seguire qualche occasione importante?

Mi è successo proprio a pochi giorni dal mio primo anno di insegnamento. Andrea Buscemi mi ha offerto la possibilità di diventare attore di professione, portando uno spettacolo in tournée. Ho rifiutato.

Perchè?

Ci ho pensato bene, e ho capito che non era quello che volevo. Il teatro per me è una passione, non vorrei che diventasse anche il mio lavoro. Quale lavoro ti fa passare 19 ore filate senza fermarsi nemmeno per mangiare come quando c'è da mettere in scena uno spettacolo? Chi lavorerebbe a simili condizioni senza protestare? Puoi fare una cosa simile solo per passione. Inoltre in questo modo posso permettermi di recitare solo parti che mi piacciono, non devo accettare ruoli in cui non credo perché mi sono imposti. Senza contare che la mia relativa libertà mi permette di sperimentare, di essere professore di letteratura, insegnante di teatro, attore e anche scrittore.

Il tuo ruolo di giovane professore ti porta ad avere un rapporto particolare con i giovani grossetani. Come ti sembrano? Volendo generalizzare, li vedi intenzionati a far di tutto per lasciare la città o determinati a migliorarla con nuove idee?

Ognuno è diverso, ma non vedo molta voglia di creare qualcosa di nuovo. Spesso i ragazzi arrivano alla maturità senza sapere come proseguire la loro carriera. Difficile trovare qualcuno che ti dice, entusiasta, di avere un sogno. Il vecchio "voglio fare l'astronauta" non si sente più. Certo, la sensazione è diversa se si guardano i ragazzi impegnati in qualche attività. Nel mio caso mi riferisco agli allievi dei corsi di teatro, ragazzi motivati e vivaci, che si impegnano nella recitazione e anche per il loro futuro.

Un consiglio per le nuove generazioni.

Scoprire che esistono le passioni. Quando le scoprono i ragazzi si trasformano. Le loro vite cambiano.

Meno di due ore dopo Giacomo è Oberon, il re delle fate. Insieme a un cast numeroso e variegato, per generi e per età, Giacomo regala a Grosseto un fantastico "Sogno di una notte di mezza estate". L'incanto resterà nel cuore degli spettatori almeno per un po' e anche le parole dell'intervistato, che nel raccontare la sua vita continua a fare l'insegnante, non di italiano e nemmeno di teatro stavolta, ma di vita.

Claudia Leporatti